Dai piatti di corte a quelli adatti a ogni ceto.
A volte il piccolo soppianta il grande. La versione minore, più compatta, leggera e accessibile, del famoso trattato di cucina di Giovanni Vialardi è più conosciuta di quella maggiore, più estesa, corposa e aulica.
L’autore
Vialardi (1804-1872), biellese, a vent’anni diventa aiutante di cucina della Real Casa Savoia a Torino, al servizio del principe Carlo Alberto, salito al trono nel 1831. Nel 1845 viene nominato aiutante-capo di cucina, due anni dopo promosso a capo, assieme a Domenico Gromont, e nel ’48 giunge a essere capo cuoco e pasticciere, coadiuvato nel lavoro da oltre un centinaio di persone.
Vialardi – di cui è particolarmente apprezzata l’arte nelle scenografiche costruzioni in pastillage (pastigliaggio), utilizzate per adornare le tavole reali – rimane al servizio delle cucine della Real Casa Savoia fino al 1853, regnante Vittorio Emanuele II, quando, dopo quasi trent’anni di onorata carriera, va in pensione.
Può, in tal modo, dedicarsi alla stesura del suo Trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confettureria, che sarà stampato l’anno seguente, nel 1854, come risultato della revisione sistematica dei suoi quaderni di lavoro. Il libro, suddiviso in diciannove capitoli, contiene oltre 2.000 ricette, soprattutto piemontesi, valdostane, nizzarde, genovesi e sarde, ossia relative alle zone facenti parte del Regno di Sardegna.
Molte le novità: i pesi e le misure sono espressi per la prima volta secondo il sistema metrico decimale, adottato dai Savoia nel 1845, e, elemento insolito per i ricettari dell’epoca, sono presenti 300 disegni eseguiti da Vialardi stesso, nei quali descrive gli strumenti del mestiere: grandi gelatiere a fruste, mestoli, scavini, forme, budiniere, marroniere e tante altre attrezzature che costituiscono l’indispensabile patrimonio di un cuoco al servizio di Sua Maestà.
Naturalmente, non mancano i disegni dei piatti sontuosi e spettacolari che Vialardi prepara per la tavola reale, dai pesci alla selvaggina, dai timballi ai soufflé, che devono destare l’ammirazione dei commensali.
Da questo “librone” per la cucina di corte, il cuoco dei Savoia trae il suo vero successo, il cosiddetto Piccolo Vialardi: la Cucina borghese, semplice ed economica, pubblicato per la prima volta a Torino nel 1863.
L’opera
Il Piccolo Vialardi, che conoscerà una decina di edizioni fino al 2009, nasce, come scrive lo stesso autore nell’introduzione, dal fatto che “ricercasi oggidì una cucina sana, semplice, economica e borghese, cioè adatta a ogni ceto; per cui credetti bene d’attenermi alla medesima e darne un trattatello”.
Il testo presenta 800 ricette di cucina e 350 di dolci: zuppe, salse, guarniture, fritture, carne, pesce, volatili, selvaggina, verdura, piatti freddi, composte, creme, gelatine, pasticcieria, confettureria, melate, sciroppi, confetti, sorbetti, bevande, ratafià, liquori ecc.
Oltre queste ricette, definite “alla casalinga”, “per le famiglie”, “alla cittadina” o “alla borghese”, che sono corredate da numerose illustrazioni, è presente una scelta di piatti“adatti pella cura omeopatica e pei giorni di digiuno”, un’ampia disamina su come organizzare il “servizio alla borghese, francese e russa” e uno spazio dedicato alla “conservazione delle sostanze alimentari”.
Perché leggerla
L’economia e il risparmio, virtù borghesi strutturalmente estranee alla cultura aristocratica dello sfoggio, divengono una costante della letteratura ottocentesca dedicata all’arte culinaria.
Le ricette si fanno più semplici, più attente alla spesa: lo spreco è messo al bando e fanno la loro comparsa testi monografici sul recupero degli avanzi. I prodotti locali e facilmente reperibili sono preferiti a quelli esotici e costosi, un tempo status symbol della nobiltà. Vengono inventati piatti con i nuovi cibi giunti dalle Americhe – patata, pomodoro, melanzana, mais – che soprattutto le ragioni della fame hanno contribuito a diffondere, nonostante le iniziali diffidenze.
Per venire incontro alle esigenze della classe borghese, vengono messe a punto tecniche di conservazione dei cibi che snelliscono le preparazioni quotidiane: dal brodo in tavoletta alle conserve vegetali di Nicolas Appert (1749-1841), del cui metodo di conservazione dei prodotti alimentari lo stesso Vialardi parla nel suo trattato, intuendone la modernità. La semplicità dei cibi non è soltanto veicolo di risparmio e di benessere, ma anche di igiene e salute.
Il Piccolo Vialardi è un’opera interessante proprio perché nasce nel momento in cui la classe borghese cresce e desidera affermarsi e, contrariamente alla nobiltà, mira a mangiare bene, spendendo poco.
Proprio per rispondere al bisogno di qualità e parsimonia, Vialardi recupera le ricette più intriganti, economiche e facili da realizzare della cucina di corte (come le Patate fritte ritenute adatte ai bambini, con largo anticipo su una verità oggi assodata), per riproporle in un ricettario in cui emerge, per la prima volta, l’importanza del ruolo della donna di casa, che sovrintende alle attività della cucina, spesso senza cucinare di persona perché dispone di personale di servizio.
A voi è mai capitato di “ridurre” una ricetta elaborata e impegnativa, creandone una versione più adatta alle vostre esigenze?
