LA SCIENZA IN CUCINA E L’ARTE DI MANGIAR BENE

Il primo volume social… con una community di follower.

Per tutti è “l’Artusi”. E quando ti guadagni l’articolo determinativo, vuol dire che hai lasciato un segno. Nel nostro caso, poi, vale tanto l’uomo quanto l’opera: quando si dice “l’Artusi”, infatti, si fa riferimento sia al personaggio storico sia al suo celeberrimo manuale di cucina: La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene: igiene, economia, buon gusto.

L’autore

Pellegrino Artusi (1820-1911), nativo di Forlimpopoli (Forlì-Cesena) ma trapiantato a Firenze, è un romagnolo pieno di forza di volontà e iniziativa. Dopo una vita lavorativa di notevoli soddisfazioni come uomo d’affari, che gli ha dato buon nome e ricchezza, a cinquant’anni decide di ritirarsi a vita privata per occuparsi finalmente delle sue passioni.

Ma il futuro gastronomo non va a guardare i cantieri, da umarell qualunque. Si mette lui stesso al lavoro. I mattoni della sua costruzione sono le ricette della cucina italiana, che inizia a raccogliere e a trascrivere con curiosità e diligente entusiasmo. E il suo progetto è quello di pubblicarci un libro, anche a proprie spese.

L’opera

Nell’Italia di fine Ottocento, la letteratura gastronomica celebra lo spirito della borghesia, restio all’esibizione della ricchezza, parsimonioso per principio, poco aperto alle novità e innamorato della tradizione.

In questo contesto, le varie cucine definite facili, familiari, economiche, salutari, igieniche, moderne, universali, sublimi, sapienti, perfette e vere si contendono fette sempre più larghe del mercato librario. Fra queste, va segnalato Il cuoco sapiente, ossia l’arte di piacere ai gusti degl’italiani, di autore anonimo, edito dal libraio-editore fiorentino Enrico Moro negli anni a cavallo dell’Unità nazionale, e ristampato già nel 1871 (ma poi ripreso dall’editore milanese Guigoni nel 1887 e riproposto ancora nel 1901), perché la sua organizzazione interna, in qualche misura innovativa, verrà poi ripresa dall’Artusi.

Pellegrino, nonostante le iniziali difficoltà, che lo spingono a tentare una edizione autoprodotta, pubblica nel 1891 la prima edizione de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene: igiene, economia, buon gusto, uscita per i tipi di Landi a Firenze in soli mille esemplari.

È un volume social, nel senso che dà vita, fin dall’inizio, a una community di follower in tutt’Italia, che mandano ad Artusi le loro ricette di famiglia. Come fosse un blog costantemente aggiornato, escono di questo libro numerose edizioni fino alla tredicesima, del 1909, dove i ripetuti accrescimenti raggiungono l’assetto definitivo di ben 790 ricette.

La quattordicesima edizione, del 1910, si arricchisce di una Cucina per gli stomachi deboli, che ricalca il titolo di un volume milanese del 1858, La cucina degli stomachi deboli: ossia pochi piatti non comuni, semplici, economici e di facile digestione con alcune norme relative al buon governo delle vie digerenti, scritto dal dottor Angelo Dubini, ma pubblicato e ristampato anonimo per ragioni accademiche di decoro scientifico (a metà Ottocento era disdicevole che un medico si togliesse il camice e insegnasse a preparare lo stufato).

La quindicesima e ultima edizione artusiana, del 1911, raggiungerà le 65.000 copie, per proseguire poi con una serie cospicua di pubblicazioni e di editori (come Bemporad, Salani, Marzocco, Barion, Bietti, Giunti e, in tempi più recenti, Einaudi, Garzanti, Rizzoli, Mursia e molti altri), fino a doppiare il secolo di vita con un milione e mezzo di copie vendute, numerose traduzioni in altre lingue e una versione per smartphone.

Perché leggerla

Sebbene il libro di questo Grande Vecchio della cucina borghese italiana sia una raccolta compilativa, da fonti sia scritte sia orali, ha un valore che va ben al di là della manualistica culinaria. L’Artusi ci mette del suo e ragiona in senso nazionale: aggiunge, modifica, adatta e corregge, rendendo accettabili e comprensibili le sue ricette al pubblico di tutta Italia. E concorre, così, sul piano gastronomico, all’unità culturale e linguistica del Paese.

Il volume è di cucina regionale: solo il Centro-Nord Italia vi è rappresentato nella selezione delle ricette, con predominanza di Emilia, Romagna e Toscana. Ma, grazie a un sapiente uso della lingua, nutrita dai classici e sempre limpida, e a un approccio colloquiale, cordiale e coinvolgente, il libro riesce a diventare il breviario di cucina più letto dalle famiglie italiane.

Non solo: poiché ogni ricetta è più volte testata dalla cuoca toscana dell’Artusi, Marietta, il pubblico riconosce al libro un importante valore di autenticità, considerandolo il custode della tradizione della cucina di casa. Quella che non mente e non tradisce. Ma unisce e scalda il cuore.

E le vostre ricette di famiglia quali sono? Avete mai pensato di raccoglierle?

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