Costoletta alla bolognese
- 4 costolette di vitello da 350 grammi l’una
- 100 g di farina
- 350 g di pane grattugiato
- 150 g di burro
- 4 uova
- 4 Fette di Prosciutto di Parma
- 4 Cucchiai di Parmigiano Reggiano grattugiato
- mezza Tazza di sugo di carne
- una Tazza di panna
- tartufo bianco q.b.
- sale e pepe q.b.
Battete la carne in modo che abbia uno spessore di circa 8 mm, insaporitela con sale e pepe e passatele nella farina facendo in modo che questa aderisca uniformemente alle costolette, battendole con le mani per togliere quella in eccesso.
Con la forchetta sbattete le uova in un piatto fondo, quindi immergetevi ogni fettina, in modo che risulti integralmente inumidita nell’uovo e poi impanate ogni fettina passandola nel pane grattugiato che avrete adagiato su un piatto, facendo in modo che il pangrattato aderisca interamente su ogni fetta.
Ponete quindi una padella col burro e fatelo sciogliere a fuoco vivace quindi, appena si sarà fuso, fatevi cuocere le costolette una ad una rigirandole da entrambi i lati fino a quando non risulteranno ben dorate, quindi toglietele dalla padella e adagiatele in un piatto ricoperto di carta assorbente.
Ricoprite ogni costoletta con una scaglia di tartufo, una fetta di Prosciutto di Parma, e un cucchiaio Parmigiano Reggiano.
Mettete le cotolette in una teglia ricoperta con della carta da forno, versatevi sopra la panna e il sugo di carne. Infornate il tutto in forno già caldo a 180°C e fate cuocere fino a quando il formaggio non sarà ben sciolto.
Servite subito le vostre cotolette alla bolognese.
Storie nel piatto
Dall’aroma forte ed inebriante, il tartufo è il fungo più prezioso e ricercato al mondo.
Conosciuto sin dai tempi dei babilonesi e degli egizi, oltre quattro millenni fa, a quel tempo il tartufo era già considerato un cibo straordinario tanto che era diffusa la convinzione che, contrariamente agli altri cibi, non fosse un frutto della terra bensì del cielo e più precisamente dell’incrocio tra pioggia e tuoni.
Estremamente apprezzato anche dagli antichi romani, il tartufo venne invece praticamente dimenticato per tutto il Medioevo per poi essere riscoperto soltanto nel rinascimento.
Verso la metà del XV secolo, infatti, questo odorosissimo fungo tornò in auge anche grazie alla credenza che possedesse prodigiose virtù afrodisiache. Fu così che, poco a poco, il tartufo iniziò a fare capolino sulle mense più importanti d’Europa, finendo per divenire una presenza costante nei banchetti più importanti.
Lo sapevate che…
Contrariamente a quanto da molti creduto, il tartufo non è un tubero? L’equivoco deriva dal fatto che i tartufi appartengono al genere Tuber che racchiude diverse specie di funghi ipogei.
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