Pizza di patate
- 150 g di prosciutto cotto
- 1 kg di patate
- 2 Cucchiai di prezzemolo tritato
- 100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
- 5 cl d’olio extravergine di oliva
- 70 g di pane grattugiato
- 2 uova
- 5 tuorli d’uovo
- 8 cl di latte intero
- sale e pepe q.b.
- noce moscata q.b.
Passaggio 1
Fate bollire le patate in acqua salata, mettendole a freddo. Una volta cotte, scolatele e sbucciatele da calde, quindi schiacciatele immediatamente con lo schiacciapatate. Alla purea così ottenuta unite il prosciutto, il prezzemolo, il parmigiano, le uova e il latte. Insaporite con un pizzico di sale, una spolverata di pepe e una di noce moscata grattugiata al momento.
Passaggio 2
Ungete una tortiera a bordi alti (dal diametro di 30 cm) e cospargetela di pan grattato.
Passaggio 3
Mettete l’impasto di patate nella tortiera, distribuitelo uniformemente e livettalo con una spatola.
Passaggio 4
Cospargete il composto con il restante pane grattugiato e mettete in forno già caldo a 200°C.
Passaggio 5
Togliete dal forno la ‘pizza’quando sulla superficie si sarà formata una crosticina dorata e ben gratinata.
Lo Chef consiglia
È preferibile non usare per questa ricetta le patate novelle, perché sono troppo ricche di acqua e comprometterebbero la buona riuscita del ‘gattò’. Una volta cotta, non tagliate subito la ‘pizza di patate’, ma aspettate che si intiepidisca, in modo da facilitare la divisione in porzioni.
Storie nel piatto
Il ‘gattò’, contenente alcuni ingredienti tipici della cucina napoletana, è una particolare pizza di patate che pare sia stata inventata nel 1786, in occasione dell’arrivo a Napoli della regina Maria Carolina (sorella della ben più nota Maria Antonietta) appena ascesa al trono.
Il nome di questa ricetta, infatti, deriva evidentemente dal termine francese gâteau (torta), ma questo sformato di patate fu inventato proprio nella capitale del regno partenopeo.
Trasferitasi a Napoli, infatti, la regina introdusse nel suo nuovo regno il gusto e la tradizione gastronomica francese, anche a causa dell’abitudine di affidare il servizio di cucina a cuochi d’alto rango, i monsieurs, chiamati dai napoletani monzù. Grazie alle commistioni tra la cucina meridionale e quella francese, Napoli divenne un importante luogo d’incontro tra le grandi cucine europee, e la gastronomia partenopea ne uscì arricchita. Nacque una serie di piatti originali il cui nome era la storpiatura della denominazione di pietanze, più o meno simili, tipiche della tradizione francese.
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